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Lavoro in agricoltura: appalto di servizi genuino

Il ricorso all’appalto a società cooperative e ad altri tipi di società di servizi è sempre più frequente anche nell’ambito delle aziende agricole. Le contestazioni che spesso vengono mosse dagli organi ispettivi (Ispettorato nazionale del lavoro) a tale modalità di fornitura di lavoro impone alle imprese di prestare molta attenzione nell’impiego dell’istituto dell’appalto, in quanto si può facilmente cadere nella “somministrazione illecita” di manodopera, oltre a correre il rischio di essere accusati di sfruttamento dei lavoratori, con conseguenti risvolti di carattere penale. Quest’ultimo rischio è elevato quando si cerca di appaltare un’attività o un servizio a basso costo, per cui è probabile che i lavoratori vengano retribuiti a livelli decisamente inferiori rispetto alle paghe previste dai contratti collettivi di lavoro a cui le ditte appaltatrici dovrebbero invece fare riferimento.

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Con una sentenza del 12 marzo 2018 il Consiglio di Stato ha ribadito i requisiti che deve possedere un appalto di servizi genuino. Nella sostanza l’appalto di servizi deve avere per oggetto “l’obbligazione di un risultato”, che l’appaltatore deve raggiungere con l’organizzazione dei mezzi necessari ed assumendosene il rischio. Si tratta invece di somministrazione di lavoro quando si tratta di “un’obbligazione e di mezzi”, per cui l’Agenzia di somministrazione (che deve essere regolarmente iscritta ad un apposito albo presso il Ministero del lavoro) si impegna a fornire dei lavoratori all’azienda (utilizzatore) che li dirige e li organizza direttamente.

Richiamando un precedente pronunciamento della Cassazione, il Consiglio di Stato ha quindi sottolineato gli elementi negativi, da evitare, nell’appalto di servizi in quanto lo potrebbero classificare come “non genuino”. Essi sono: la richiesta da parte del committente di un certo numero di ore di lavoro; l’inserimento stabile del personale dell’appaltatore nel ciclo produttivo del committente; l’identità dell’attività svolta dal personale dell’appaltatore rispetto a quella svolta dai dipendenti del committente; la proprietà in capo al committente delle attrezzature necessarie per l’espletamento delle attività; l’organizzazione da parte del committente dell’attività dei dipendenti dell’appaltatore (Cass. civ., sez. lav., 7 febbraio 2017, n. 3178).

Il contratto di appalto si deve perciò basare su un preciso risultato, come possono essere il numero di ettari o di quintali lavorati e non sulla base del numero di ore.

Le prestazioni della ditta appaltatrice non possono avere contenuto omogeneo a quello delle attività svolte dal personale stabilmente inserito nell’azienda del committente. Inoltre, il personale della società che presta il servizio dovrebbe essere munito di un know-how specifico, ovvero di un patrimonio di conoscenze non comune, rispetto alla capacità professionale espressa dai lavoratori già impiegati nell’azienda agricola. Perciò l’appalto di un servizio potrebbe essere considerato non genuino qualora risultasse fatto solo per la necessità di sostituire o di integrare il personale dell’azienda non disponibile.

Inoltre, il coordinamento tra le imprese interessate (committente e appaltatore), dovrebbe essere concepito per escludere commistioni o sovrapposizioni tra le due realtà organizzative; ovvero per rendere del tutto evidente, anche sul piano logistico, la separazione tra le due imprese e tra le rispettive fasi della produzione (si veda in tal senso la circolare del Ministero del Lavoro del 22.10.2009).

Infine deve essere ravvisabile un potere di autonoma ed effettiva organizzazione produttiva da parte della società che presta il servizio, alla quale spetta anche il compito di direzione sui lavoratori. Rispetto a quanto riportato da Consiglio di Stato, aggiungiamo che il committente, nel caso di abusi e irregolarità, è corresponsabile in solido per tutti i crediti (retributivi e contributivi) e di ogni altro diritto vantato dai lavoratori. Perciò è fondamentale che le aziende si accertino preventivamente della regolarità delle cooperative di servizio (ad esempio richiedendo il documento di revisione biennale), nonché della regolare assunzione dei lavoratori impiegati mediante la richiesta all’atto dell’appalto del Durc. Inoltre va verificato che le società di servizi siano iscritte al registro delle imprese e particolare attenzione va posta alla data, all’oggetto e al capitale sociale. Inoltre l’impresa appaltatrice deve autocertificare il possesso dei requisiti di idoneità tecnico e professionale per poter svolgere il servizio oggetto del contratto e i lavoratori devono essere muniti di apposita tessera di riconoscimento, corredata da fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro. Non va infine trascurato l’aspetto relativo alla sicurezza sula lavoro, i cui oneri sono a carico del committente.

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