Vendita diretta: le società agricole non perdono la qualifica di IAP
Come noto, l’art. 4 del D.Lgs. 228/2001 (legge di orientamento) ha esteso agli agricoltori la possibilità di vendere direttamente i prodotti propri senza soggiacere agli obblighi generalmente posti dalla disciplina del commercio al dettaglio (L. 114/1998). La vera novità introdotta riguarda l’estensione di tale possibilità anche per le cessioni di prodotti agricoli acquistati da terzi, purché sia rispettato il requisito della prevalenza e altre precise condizioni, alcune delle quali introdotte con l’ultima Legge di Bilancio.
Se da un punto di vista fiscale non vi sono dubbi, visto che i redditi derivanti dalla cessione di beni acquistati da terzi vengono dichiarati nel quadro relativo al reddito di impresa, decisamente meno chiara è stata finora l’interpretazione del profilo amministrativo di tale attività, tanto da mettere in discussione “l’esercizio esclusivo” dell’attività agricola qualora praticata da una società agricola, elemento fondamentale per la qualifica di Imprenditore agricolo professionale.
Finalmente sembra ormai chiarito che l’attività di vendita al dettaglio di prodotti aziendali e di prodotti agricoli acquistati da altre aziende nei limiti fissati dal citato arti 4 del d.lgs 228/2001 sia da considerarsi a tutti gli effetti un’attività connessa, analogamente ad altre attività non agricole che possono svolgere le aziende agricole (es. agriturismo, prestazione di servizi, produzione di energia, ecc..). Tale interpretazione, che sta per essere recepita anche dalla Regione Veneto, consente alle società agricole di poter vendere al dettaglio anche prodotti acquistati da terzi senza perdere la qualifica di IAP.