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Agricoltori in allarme per il riso senza dazi alla Cambogia

Forte preoccupazione dei risicoltori veneti per la possibilità che l’Ue non includa il riso tra i prodotti cambogiani che saranno sottoposti a dazi d’ingresso in Europa dalla prossima estate. La Cambogia, che è il primo fornitore di prodotto lavorato all’Unione europea, con le sue esportazioni aveva causato in passato un crollo dei prezzi del 40%. L’Europa aveva però introdotto delle clausole di salvaguardia per mettere un freno non solo alle esportazioni di riso dalla Cambogia, ma anche dal Vietnam e dal Myanmar. Nel gennaio 2019 l’Ue aveva ripristinato i dazi sul riso, dopo aver verificato il danno economico per i produttori europei. Ora però la situazione potrebbe nuovamente cambiare.

“Negli ultimi dieci anni abbiamo subito già ripercussioni negative a causa delle esportazioni massicce di riso dai Paesi asiatici – sottolinea Michele Rossi, presidente dei risicoltori di Confagricoltura Veneto -. Ricordo, ad esempio, le nove varietà di basmati importate dall’India e di altri risi asiatici, che hanno comportato una sovrapposizione e un calo dei prezzi. A parità di regole ben venga la concorrenza, ma a queste condizioni equivale a un suicidio collettivo: non possiamo competere con chi importa riso a dazio zero a prezzi bassissimi, grazie un costo della manodopera dieci volte inferiore e assenza di regole e controlli. Noi usiamo prodotti per il diserbo più ecologici e loro quelli che da noi sarebbero proibiti, noi siamo obbligati a lavorare con standard qualitativi alti e loro no. Però lasciamo che esportino il loro prodotto e non tuteliamo i nostri produttori. In questo modo la tracciabilità e la sicurezza alimentare vengono fortemente minate”.

Il timore è che, dopo un’annata favorevole sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo per il riso veneto, il mercato possa essere influenzato negativamente da nuove massicce importazioni di in caso non vengano posti dazi al riso lavorato cambogiano. E anche se i nostri risi sono prodotti di nicchia, come il Vialone Nano del Basso Veronese, o il riso del Delta del Po igp (Carnaroli, Volano, Baldo e Arboreo) o ancora il Vialone Nano, il Carnaroli e l’Arborio di Grumolo delle Abbadesse e Lonigo, si teme comunque un effetto a cascata: “Quando un riso concorrente costa la metà, anche gli altri vengono trascinati in basso – osserva Rossi -. In Europa, dove in generale c’è una produzione più industriale che agricola, si stanno facendo più gli interessi di Olanda e Germania, che vendono prodotti lavorati, rispetto ai nostri, che sono molto più agricoli. Auspichiamo che con la Cambogia prevalgano il buon senso e la mediazione. Almeno si scriva sui nostri prodotti la provenienza “made in Italy”, per far capire al consumatore che cosa sta mangiando: se un riso a basso costo ma coltivato con fitofarmaci a basso costo e senza una tracciatura certa o il nostro riso, controllatissimo in tutta la filiera e con fitofarmaci più sicuri”.

In Veneto, secondo i dati di Veneto Agricoltura, la superficie coltivata a riso nel 2019 è rimasta invariata rispetto al 2018, attestandosi a circa 3.250 ettari. Il 90% degli investimenti si concentra nelle province di Verona, che si conferma la prima per investimenti a livello regionale (2.200 ettari, -1,2%) e Rovigo (750 ettari, +4,2%). Nel complesso la produzione finale è stata stimata in circa 18.000 tonnellate, in leggero calo (-2,3%) rispetto al 2018.