Ape volontaria: domanda all’Inps per lasciare prima il lavoro
E’ stata aperta nei giorni scorsi l’Ape volontaria con la possibilità di presentare domanda all’Inps, per andare in pensione anticipata con il prestito concesso dalla banca e l’obbligo di restituirlo con gli interessi nell’arco di vent’anni. Il meccanismo è retroattivo e include chi ha maturato i requisiti entro il 1° maggio 2017, mentre i primi pensionamenti anticipati sono previsti per maggio. Possono fare richiesta di Ape volontaria i lavoratori che non hanno potuto usufruire dell’Ape social, riservata a 15 categorie di lavoratori impiegati in settori usuranti. Per poter accedere all’Ape volontaria è necessario aver già compiuto 63 anni entro il 1° maggio scorso ed è necessario maturare la pensione di vecchiaia entro 3 anni e sette mesi dalla data di domanda di Ape. Una volta ottenuta la certificazione, da parte dell’Inps, si fa domanda di uscita anticipata scegliendo l’istituto finanziario e l’impresa assicuratrice che dovranno erogare il finanziamento. Il debito va restituito nell’arco di 20 anni e l’Ape volontaria può essere chiesta anche se si continua a lavorare. Lo schema degli importi. L’Ape volontaria non ha un importo illimitato: il massimo che si può chiedere è del 75% dell’importo pensionistico certificato se la richiesta di Ape è per un periodo superiore a 36 mesi. Si può invece chiedere l’80% dell’importo mensile del trattamento pensionistico se la durata dell’erogazione è tra i 24 e i 36 mesi; l’85% dell’importo mensile di pensione se la durata è compresa tra 12 e 24 mesi; il 90% dell’importo mensile se la durata è inferiore a 12 mesi. L’importo minimo è pari a 150 euro al mese. Le rate da pagare. Secondo lo schema messo a punto dal governo, la rata da restituire alla banca corrisponde al 4,8% medio della pensione, se si guarda all’andamento ventennale dell’assegno pensionistico. Il 3,2% corrisponde al capitale ricevuto mentre l’1,6% copre i costi dell’operazione tra interessi e assicurazione. E proprio l’alto rischio di premorienza (si arriva infatti intorno a 87 anni ad aver finito di pagare il prestito) fa sì che sia alto il costo dell’assicurazione. Se il pensionato muore prima di aver restituito il prestito (prima quindi di 20 anni, una volta andato in pensione a 67 anni) il debito si estingue. Il calcolo con gli altri prestiti. Nella richiesta di finanziamento dell’Ape si dovrà tenere conto degli altri debiti pluriennali contratti, come ad esempio il mutuo per l’acquisto della casa. L’ammontare massimo della quota mensile di Ape ottenibile deve essere tale – si legge nel decreto del governo – da determinare una rata di ammortamento che, sommata ad eventuali altre rate per prestiti già contratti con ammortamento residuo superiore alla durata di erogazione dell’Ape, “non risulti superiore al 30% dell’importo mensile del trattamento pensionistico, al netto di eventuali rate per debiti erariali e di eventuali assegni divorzili”. Le simulazioni. Chi esce dal lavoro 3 anni prima del previsto, subisce una decurtazione del 15% che corrisponde a un taglio di 300 euro circa su un assegno di 2mila euro netti al mese e di 225 euro su una rendita di 1.500 euro mensili. Ritirandosi con due anni di anticipo, invece, la decurtazione scende a circa il 10%, equivalente a un taglio attorno ai 200 euro per un assegno di 2mila euro netti e di 150 euro su una rendita di 1.500 euro.
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