canapa

Canapa: colmare i vuoti normativi per non penalizzare la filiera

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affermato che non è possibile commercializzare le foglie, le infiorescenze, l’olio, la resina ottenuti dalla coltivazione della canapa salvo che siano privi di efficacia drogante.

La sentenza, di cui devono ancora essere rese note le motivazioni, non ha però di fatto vietato la coltivazione della pianta ai fini agroalimentari e agroindustriali cosi come previsto dalla legge n. 242 del 2016, precisando, invece, che queste sono le finalità della legge.

Si ritiene dunque che la decisione della Cassazione non debba essere letta come divieto generalizzato di vendita dei prodotti a base di canapa industriale anche se in ogni caso il Parlamento, il Governo ed i Ministeri competenti dovranno intervenire al più presto per perfezionare la normativa, ad esempio regolamentando i prodotti nutraceutici e cosmetici a base di cannabinoidi quali il CBD e definendo i livelli massimi di THC ammessi per gli alimenti, che vanno stabiliti con un decreto del ministero della Salute che aspettiamo ormai da quasi due anni.

La canapa industriale, nell’interezza della pianta (fusto, foglie, semi, fiori), ha tutti i requisiti e le potenzialità per soddisfare le diverse domande dei nuovi mercati della bioeconomia (integratori alimentari, nutraceutici, biocosmesi, bioedilizia, bioplastiche, bioenergie) e oggi, con i circa 5.000 ettari coltivati in Italia, è una realtà produttiva importante che merita di essere tutelata e salvaguardata.