No alla demonizzazione degli allevamenti avicoli
“Affermare che le uova prodotte da galline allevate in gabbia possono nuocere alla salute è pura disinformazione. Gli allevamenti del Veneto sono stati tutti ristrutturati nel 2012, in base alle normative italiane ed europee sul benessere animale, e possono garantire un prodotto di eccellenza sia dal punto di vista alimentare che da quello sanitario”.
Michele Barbetta, presidente della sezione Avicoli di Confagricoltura Veneto, punta il dito sul servizio mandato in onda nei giorni scorsi nel Tg1 della Rai, che ha mostrato le immagini girate dal gruppo ambientalista Animal Farm sui maltrattamenti e le pessime condizioni igieniche di un allevamento italiano di galline ovaiole. Un caso isolato e anomalo, secondo Barbetta, che rischia di danneggiare una categoria che molto ha investito, negli scorsi anni, per ammodernare gli allevamenti.
«Nel servizio si mettono sotto accusa gli allevamenti in batteria, affermando che le uova da animali liberi siano più sane. È una bugia – dice Barbetta -. In Veneto il 60 per cento degli allevamenti avicoli è in batteria, ma la qualità è altissima. Abbiamo rifatto completamente gli impianti in base alla normativa, attenendoci scrupolosamente ai requisiti sugli spazi e sulle lettiere. Molti allevatori hanno dovuto indebitarsi per riuscire a intraprendere gli ammodernamenti, in un momento difficile del mercato tra contrazione dei consumi e concorrenza dell’Est. Queste campagne denigratorie rischiano di metterci in ginocchio, orientando i consumatori a comprare solo uova prodotte da animali liberi. Tutti gli studi hanno dimostrato come la tipologia degli allevamenti non cambi il valore organolettico delle uova e quelle da allevamenti in batteria sono più controllate e più sicure, perché gli escrementi degli animali non vengono mai a contatto con le uova».
Il bravo e il cattivo agricoltore, ricorda Barbetta, si trova in qualsiasi comparto, «ma non si può per le negligenze soggettive colpevolizzare un intero settore». In Veneto, sottolinea, i controlli sono capillari e rigorosi: «Il servizio veterinario regionale ci ha rigirati come calzini in questi anni. Tutti gli allevamenti di grandi dimensioni sono soggetti ad autorizzazioni, verificate dalle commissioni provinciali. Ogni settimana riceviamo le visite delle Asl che controllano mangimi, acqua e condizioni igieniche. Con l’influenza aviaria, che in Veneto conta in questo momento quattro focolai in allevamenti delle province di Venezia, Padova, Rovigo e Verona, i controlli sono ancora più scrupolosi e gli animali devono obbligatoriamente essere tenuti all’interno. La poesia delle galline libere, in questi casi, diventa pura fantascienza».
In Veneto il settore avicolo rappresenta una punta di diamante sul territorio italiano con una produzione annua di 2 miliardi di uova e 200 milioni di fatturato, che rappresenta il 16 per cento del totale nazionale. In Italia ogni anno si producono 13 miliardi di uova, con 1,3 miliardi di fatturato per la sola componente agricola, che ci pongono al vertice dei Paesi europei.
«Abbiamo investito milioni di euro in ammodernamenti, vanificati però da un mercato che vede l’importazione massiccia di uova, a prezzi inferiori, da Paesi come quelli dell’Est europeo che hanno libertà di usare ogm, non sono sottoposti a controlli e non sono soggetti alle normative sul benessere animale – conclude Barbetta -. Le campagne denigratorie fanno male al settore, che ha invece bisogno di regole certe per tutti. Vanno incentivate la tracciatura a lotti interi e la promozione delle uova made in Veneto, in modo da sapere quali sono realmente provenienti dai nostri allevamenti e quindi garanzia di qualità e salubrità per i nostri consumatori, come è stato fatto per il comparto lattiero caseario».
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