Prosciutti e salumi: l’indicazione dell’origine della carne in etichetta è utile al rilancio della produzione italiana

L’introduzione dell’obbligo di indicare l’origine della materia prima per le carni suine trasformate, prevista dal decreto interministeriale firmato la settimana scorsa dai ministri delle Politiche agricole, dello Sviluppo economico e della Salute, potrà contribuire al rilancio di un comparto messo a dura prova dall’impatto della pandemia su ristorazione e consumi, ma anche dal dimezzamento dei prezzi all’origine pagati ai produttori dall’inizio dell’emergenza.

In base al decreto la dicitura “100% italiano” sarà utilizzabile solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”, “Origine: extra UE”, “Origine: Ue e extra UE”.

L’industria utilizza tutta la materia prima nazionale disponibile, che non è sufficiente a coprire il fabbisogno per la produzione di salumi. Per le carni suine il tasso di autoapprovvigionamento è infatti pari a circa il 62-63%. In questo momento particolarmente difficile per l’economia portare sul mercato il valore aggiunto dell’indicazione di origine in etichetta può essere utile molto per il settore. La norcineria ha un fatturato di 20 miliardi, tra allevamento, trasformazione e distribuzione, e contribuisce al prestigio del made in Italy nel mondo.

Purtroppo il lockdown e la chiusura del canale Horeca (bar e ristoranti) hanno portato a un crollo della domanda interna del 20%, compensato solo in parte dalla tenuta dell’export e dal buon andamento delle vendite nella Gdo.