Rapporto Ispra: Non si ferma il consumo di suolo

In Italia nel 2023 sono stati persi altri 7250 ettari di terreno agricolo, corrispondenti a circa 20 ettari al giorno. E’ quanto riportato nel Rapporto Ispra 2024 “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”. Le perdite maggiori a livello regionale si sono registrate nel Veneto (+891 ettari), in Emilia-Romagna (+815 ettari), in Lombardia (+780 ettari), in Campania (+643 ettari) e in Piemonte (+553 ettari).

Il consumo di suolo, secondo l’Ispra,  riduce la capacità del terreno di assorbire e trattenere l’acqua e ciò produce un costo per gli interventi che deve sostenere la collettività di oltre 400 milioni di euro all’anno. Inoltre c’è la perdita dei servizi ecosistemici: minore qualità dell’habitat, perdita di produzione agricola, riduzione dello stoccaggio di carbonio e della regolazione del clima. La cementificazione infine mette a rischio la stabilità del territorio e crea dissesto soprattutto a causa del verificarsi di fenomeni atmosferici sempre più violenti.

Le coperture artificiali del suolo interessano oltre il 7% del territorio nazionale, percentuale che nel Veneto raggiunge l’11,86%, nella Lombardia il 12,19% a cui seguono Campania, Emilia Romagna, Puglia, Lazio, Friuli Venezia Giulia e Liguria.

L’Ispra fa il punto anche sugli impianti fotovoltaici. Nel 2023, a livello nazionale, gli  impianti fotovoltaici a terra occupano complessivamente 17.907 ettari con un incremento nell’anno di circa 400 ettari.  L’incremento ha interessato anzitutto il Veneto, con poco più del 17% del totale, seguito da Piemonte e Sicilia, con circa il 14% ciascuno, e da Lazio e Sardegna con quote rispettivamente dell’11,5 e dell’11 per cento. Meno interessate sono la Puglia, con poco più del 2% dei 400 ettari nazionali, le Marche, la Toscana e la Campania (ciascuna con 1% circa di quota), e con quote ancora più basse il Trentino-Alto Adige, la Val d’Aosta, la Liguria, il Molise e la Calabria. Il fenomeno ha interessato per il 51% aree rurali con agricoltura di tipo intensivo, collocate in prevalenza in territori di pianura e collina, il cui impatto sul piano economico e produttivo è significativamente maggiore rispetto ad altri contesti. Un altro 28% ricade in ambiti classificati “intermedi”, il 13% in aree interne con problemi di sviluppo, soggette anche a fenomeni di spopolamento, e solo l’8% in aree urbane e periurbane.