Reti d’impresa: chiarimenti dall’Agenzia delle Entrate

Con la risoluzione n. 75 del 21 giugno scorso, l’Agenzia delle Entrate è tornata ad occuparsi di reti di imprese, ed in particolare della rete agricola.

Secondo l’art. 3 del D.L. n. 5/2009, la rete è un contratto con cui più imprenditori si obbligano, in base ad un programma comune, a collaborare, scambiandosi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica, o ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa, allo scopo di accrescere la capacità innovativa e la competitività sul mercato. Con l’art. 1-bis del D.L. n. 91/2014 è stata introdotta la “rete agricola”, un contratto che deve essere sottoscritto da sole imprese agricole che siano piccole o medie (cioè, che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro o il cui totale di bilancio non supera i 43 milioni di euro); le imprese partecipanti mettono in comune i fattori della produzione (attrezzature, know how, risorse umane) per ottenere della produzione agricola che favorisca la crescita imprenditoriale, in termini di innovazione e competitività. La rete agricola produce l’importante effetto fiscale dell’attribuzione del prodotto a titolo originario tra i partecipanti, purché sia finalizzata alla produzione: se tutti i partecipanti hanno contribuito alla produzione, il ricavato è considerato come  ottenuto in proprio da ciascuno di essi.

L’Agenzia delle Entrate, nella risoluzione citata, ha ribadito che per aversi questo tipo di effetto, è necessario che la rete sia un accordo orizzontale, nell’ambito di un segmento della filiera; questo significa che l’attività svolta dai singoli retisti deve essere la stessa (ad esempio, produzione ortofrutticola, lattiero/casearia, vitivinicola, ecc.). Solo in presenza di tutti i requisiti di seguito elencati si verifica che la ripartizione della produzione agricola tra i retisti, non viene considerata una cessione rilevante ai fini IVA ed il singolo retista, in regime speciale, che cede a terzi i prodotti, potrà continuare ad applicare le percentuali di compensazione:

      tutti i retisti devono svolgere attività agricole di base (eventuali attività connesse non sono prevalenti e sono legate alle prime da un rapporto di stretta complementarietà);

      la messa in comune dei terreni è obbligatoria e significativa per tutti i partecipanti;

      la partecipazione al conseguimento dell’obiettivo comune si realizza mediante apporti equivalenti e condivisione di risorse umane e mezzi tecnici, proporzionati alla potenzialità del terreno in comune, con divieto di monetizzazione delle spettanze;

      la divisione della produzione tra i retisti avviene in proporzione all’apporto di ciascuno;

      i prodotti oggetto di divisione non vengono successivamente ceduti tra i retisti. 

Invece, nel caso in cui, oltre al contratto di rete per la produzione, le imprese agricole costituiscano una rete per la vendita o diano incarico ad una capofila di vendere i prodotti a terzi, si ha un diverso regime fiscale: se la capofila adotta il regime speciale IVA, potrà applicare le percentuali di compensazione solo sui propri prodotti, mentre per quelli dei mandanti dovrà applicare il regime ordinario. 

Per quanto riguarda l’Irpef, secondo l’Agenzia delle Entrate il contratto di rete agricola è una forma di conduzione associata, in quanto ciascuna impresa risulta condurre, oltre che i propri terreni, anche quelli delle altre imprese messi in comune nella rete, per la quota stabilita nel contratto. Ne consegue che ciascuna impresa retista dovrà dichiarare, nella propria dichiarazione dei redditi, la quota di prodotto di sua competenza del reddito agrario dei terreni condotti in comune a mezzo della rete.

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