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Società di persone e prelazione agraria

Il diritto di prelazione costituisce, da sempre, una delle peculiarità più specifiche del diritto agrario.

Poiché si tratta, per giurisprudenza pacifica e costante, di un istituto fondato su norme di stretta interpretazione, che prevedono un numero chiuso di ipotesi e non consentono estensioni al di fuori di quelle tassativamente previste, una corretta conoscenza di tale diritto è essenziale per tutti gli operatori del settore.

Sennonché tra novità legislative ed evoluzioni giurisprudenziali, spesso l’applicazione del diritto di prelazione si rivela ostica ed è foriera di contenzioso. È questo il caso del diritto di prelazione agraria riconosciuto alle società agricole di persone.

L’art. 2, comma terzo, d. lgs. 99/2004 estende il diritto di prelazione o di riscatto alle società agricole di persone “qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto come  risultante  dall’iscrizione nella sezione speciale del registro delle  imprese di cui all’articolo 2188 e seguenti del codice civile”.

Il diritto non spetta, dunque, a tutte le società in genere che si occupano di agricoltura, bensì solo alle società semplici (s.s.), alle società in nome collettivo (s.n.c.) e alle società in accomandita semplice (s.a.s.), che abbiano nella propria ragione sociale l’espressa indicazione di società agricola. È altresì necessario che almeno la metà dei soci sia coltivatore diretto con espressa indicazione di tale qualifica nel Registro delle Imprese. La mancanza di tale qualifica in capo ad almeno la metà dei soci è ostativa al riconoscimento del diritto di prelazione.

Così si è espressa la Suprema Corte di Cassazione, Sezione III, con sentenza n. 6302 del 05.03.2019. Esaminando la domanda di riscatto promossa da una società agricola semplice della Provincia di Verona, i cui soci non avevano nel Registro delle Imprese l’espressa qualifica di coltivatore diretto, la Suprema Corte ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Venezia e, ancor prima, del Tribunale di Verona, che avevano rigettato la domanda negando l’esistenza del diritto di prelazione e di quello di riscatto.

Adottando un’interpretazione, ritenuta da alcuni eccessivamente formalistica, i Giudici romani hanno ritenuto che “con la norma in esame il legislatore ha inteso coniugare il riconoscimento dello sviluppo della forma societaria in agricoltura con la tutela del terzo acquirente, estendendo sì alla società agricola il diritto di riscatto spettante ai coltivatori diretti del fondo confinante, ma alla condizione che almeno la metà dei soci siano coltivatori diretti e che tale qualifica, proprio a tutela del terzo acquirente, risulti dall’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all’art. 2188 c.c. […]  il differente trattamento è determinato proprio dall’esercizio in forma societaria dell’attività di coltivatore diretto, che, come tale, impone, a tutela del terzo acquirente e della libera circolazione dei beni, una più immediata e certa conoscenza dell’eventuale qualifica di coltivatore diretto dei soci e, conseguentemente, del diritto di riscatto in capo alla società”.

Pur non essendo mancate profonde critiche all’interno della dottrina, motivate dall’irragionevole disparità di trattamento – soprattutto da un punto di vista probatorio – che, in questo modo, si pone tra il coltivatore diretto/persona fisica e la società agricola di persone, lo stato attuale del diritto vivente impone alle società agricole di persone di verificare attentamente se almeno la metà dei propri soci compaia nel Registro delle Imprese come coltivatore diretto. Si consiglia quanto prima di esaminare la propria posizione e, nel caso sia necessario, procedere con un aggiornamento societario onde evitare spiacevoli sorprese in sede di eventuale esercizio del diritto di prelazione. A tal proposito, è sufficiente presentare una dichiarazione sostitutiva di certificato corredata da un proprio documento di identità affinché il Registro delle Imprese venga aggiornato.

La posizione dello IAP diverge, invece, in modo ancora significativo rispetto a quanto fin qui descritto. Allo IAP il diritto di prelazione è riconosciuto solo come proprietario confinante e non come affittuario. Ma soprattutto la prelazione compete solo se lo IAP è iscritto nella previdenza agricola. Poiché l’iscrizione previdenziale non può che riguarda la persona fisiche, le società agricole finiscono per essere private del diritto di prelazione. Pur non mancando, in dottrina, voci favorevoli ad un’estensione di tale diritto anche alle società secondo un’interpretazione teleologica della normativa vigente, allo stato la posizione dominante è nettamente più prudente e sconsiglia l’esercizio del diritto di prelazione per le società agricole IAP.