Zootecnia, serve una svolta radicale
Un centinaio di allevatori veneti ha raggiunto piazza Pio XII, a Roma, per celebrare Sant’Antonio Abate, il patrono degli animali. Un’occasione per fare il punto sul settore, che sente il bisogno di una svolta radicale per tutelare le produzioni tipiche locali, le migliori eccellenze lattiero-casearie e la carne made in Italy.
«Gli allevatori sono afflitti dalle stesse preoccupanti situazioni che minano la zootecnia regionale e nazionale – dice Paolo Ferrarese, presidente di Confagricoltura Verona -. Viviamo in un Paese con regole rigide e costose, inserito in una Comunità Europea dove tutto è diverso: costi, fiscalità, norme, burocrazia e controlli sono propri di ogni Paese membro e le variabili sono enormi. Lavoriamo in un sistema di concorrenza sleale con 27 Paesi che in comune hanno molto poco e voler essere i primi della classe per i prodotti di qualità spesso non paga».
La Germania esporta un valore, sull’agroalimentare, pari a due volte e mezzo il nostro e non certo per il numero delle doc o dop, ma per una capacità di far sistema nei servizi e nella logistica oltre che nella qualità, quella reale e non quella auto certificata. «Ciò non significa che il nostro sistema sia da buttare, ma da razionalizzare sì – ragiona Ferrarese -. Le grandi dop sono il nostro punto di forza, ma devono essere in grado di competere a livello internazionale con produzioni che, per quantità e qualità, possano soddisfare esigenze diverse e quindi anche la grande distribuzione».
Infine, il presidente ricorda che produrre latte e uova in Italia significa anche importare mais e soia ogm da altri Paesi della Ue, dove è permesso coltivare transgenico, svendendo le nostre produzioni.
«Il sistema Aia ha dato un impulso decisivo ai nostri allevamenti, portando le selezioni agli apici mondiali per le razze più predisposte a produrre latte e carne – sottolinea -. Non credo vadano sprecate risorse nel ricercare modi per conservare razze che non permettono agli allevatori di avere un minimo compenso per il loro lavoro, in nome di antiche nostalgie che non ci sono proprie. Il sistema Aia sta vivendo un periodo difficilissimo e andrà profondamente rivisto perché questo sia al servizio solamente degli allevatori e non di altri corpi intermedi. Infine, non va a nostro favore il clima avverso agli allevatori da parte dei movimenti vegani, ambientalisti e animalisti, che avendo una matrice più religiosa e settaria che oggettiva e scientifica sono difficilmente orientabili verso il buon senso».
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